mercoledì 22 maggio 2013

L'avvocato Marzari e il tinellismo - cap. 1

Con "tinellismo" mi riferisco a un comportamento più volte riscontrato da chi si occupa del CESAP. Consiste nel dare del bugiardo a chi sta dicendo la verità, rilasciando al contempo una versione che non corrisponde al vero. L'accusa può venire resa più vibrante mostrando un'indignazione che sottolinei il degrado morale dell'avversario.

Vediamo un esempio di tinellismo. Sul sito del CESAP si legge che:
Tutti gli articoli pubblicati (a parte quelli di rassegna stampa), al contrario di quanto in maniera distorta viene riferito, sono redatti da nostri collaboratori o da persone a cui facciamo espressa richiesta (abbiamo tutta la documentazione per poterlo dimostrare!).
Qui l'accusa è di "riferire" qualcosa "in maniera distorta", e si ristabilisce la verità con la versione firmata CeSAP: "sono redatti da nostri collaboratori". Il blog "Il Curioso Caso Lorita Tinelli" ha invece accuratamente dimostrato che "quanto in maniera distorta viene riferito" corrisponde al vero e ad essere falso è ciò che sostiene il CeSAP.

Vediamo ora un nuovo episodio di tinellismo. Sul sito del CESAP è apparso un comunicato a firma dall'avv. Marco Marzari, intitolato "Il significato della sentenza Arkeon". Questo il testo (enfasi nell'originale):
Ieri, 16 luglio 2012 il Tribunale di Bari ha pronunciato una articolata sentenza in esito al processo  contro Vito Carlo Moccia ed i suoi adepti e maestri, [...]
A dispetto di dichiarazioni fuorvianti rilasciate nell’immediato dagli imputati, direttamente o tramite i propri difensori, và chiarito che il Tribunale ha assolto gli imputati solo con riferimento al reato di calunnia in danno di Lorita Tinelli e di Gabriella Monaco, mancando la prova della volontà di calunniare. Per tutti gli altri reati contestati, si è invece raggiunta la prova della loro sussistenza! Ed infatti, ferma restando la condanna per il reato di associazione a delinquere e per quello di esercizio abusivo della professione di psicologo, i reati di violenza privata (originariamente contestata come violenza sessuale di gruppo e poi derubricata) e di maltrattamenti sono stati ritenuti consumati, ma dichiarati prescritti (ovverosia è passato troppo tempo perché la pretesa punitiva dello Stato possa continuare ad essere coltivata).
Lo stesso dicasi per le molte truffe perpetrate dagli imputati, che sono state ritenute truffe semplici (senza aggravanti) e quindi perseguibili solo a querela, che nella fattispecie mancava.
Ma ciò che è chiaro, e che gli imputati fingono di ignorare, è che il presupposto per dichiarare l’improcedibilità per prescrizione o per mancanza di querela è l’accertamento della responsabilità, come infatti troveremo spiegato nelle motivazioni della sentenza.
Nessuna assoluzione, quindi, per Moccia ed i suoi associati (salvo che per la calunnia), ma conferma che tutti i gravi fatti denunciati erano veri e comprovati!
I punti salienti della dichiarazione dell'avv. Marzari sono due:
  1. "il Tribunale ha assolto gli imputati solo con riferimento al reato di calunnia". 
  2. "Per tutti gli altri reati contestati, si è invece raggiunta la prova della loro sussistenza!" (ma è sopraggiunta la prescrizione).
Enfaticamente, il comunicato si chiude ribadendo che "tutti i gravi fatti denunciati erano veri e comprovati!", e l'indignazione viene resa sostenendo che "gli imputati fingono di ignorare", una finzione che li rende dei bugiardi.

Per correttezza, come prima cosa va riconosciuto all'avv. Marzari di avere scritto una cosa vera: il "16 luglio 2012 il Tribunale di Bari ha pronunciato una sentenza". Il resto lo analizziamo ora.

L'elenco dei reati che erano contestati agli undici imputati è il seguente:
  • associazione a delinquere finalizzata all'esercizio abusivo della professione di psicologo, 
  • calunnia, 
  • procurato stato di incapacità, 
  • maltrattamenti ai danni di minori, 
  •  truffa aggravata, 
  • violenza privata.

Per quanto riguarda il primo reato, l'unico sanzionato dal tribunale, va rilevato che 3 degli undici imputati sono stati assolti, un particolare che l'avv. Marzari deve aver dimenticato. C'è poi da rilevare che la sentenza è severa solo in apparenza: l'associazione a delinquere è una conseguenza automatica dell'esercizio abusivo della professione di psicologo, un reato alquanto discutibile, dato che ha la stessa base logica di un ipotetico reato di abuso della professione di stregone o di esorcista, ma questo è un aspetto che approfondiremo in un apposito post.

In merito al reato di calunnia l'avv. Marzari ammette, bontà sua, che vi è stata l'assoluzione. La correda però di una postilla maliziosa: "mancando la prova della volontà di calunniare". Inserita in un comunicato stampa, è una puntualizzazione che induce a credere che la corte fosse orientata per la colpevolezza degli imputati, ma si sia vista costretta ad assolvere gli imputati per mancanza di una prova regina. In sostanza, pare che si tratti di un'assoluzione con formula dubitativa (per insufficienza di prove, si diceva un tempo). Ciò non corrisponde al vero, questa precisazione è:
  • inventata perché nel dispositivo della sentenza non c'è traccia di questa mancanza di prova;
  • scorretta perché l'assoluzione è stata "perché il fatto non costituisce reato", ossia con formula piena.
(Motivazione sentenza, pag. 898)

Veniamo ora al punto nodale di questa "tinellata", ossia a "tutti gli altri reati contestati", per i quali l'avv. Marco Marzari afferma che "si è invece raggiunta la prova della loro sussistenza" e per questo urla che "tutti i gravi fatti denunciati erano veri e comprovati!" (enfasi nell'originale).

Per chiarezza espositiva li riporto nuovamente:
  • procurato stato di incapacità; 
  • maltrattamenti ai danni di minori; 
  • truffa aggravata; 
  • violenza privata.

Il procurato stato di incapacità di intendere e di volere

Ciò che discrimina una normale associazione da una "psicosetta" è la "manipolazione mentale", per cui nel processo Arkeon il procurato stato di incapacità di intendere e di volere è il reato fondamentale del castello accusatorio. Nel rinvio a giudizio, questo reato è contemplato al "capo B":

(Rinvio a Giudizio)

Per questo addebito nella sentenza si legge che il Tribunale:
"assolve tutti gli imputati [...] perché il fatto non sussiste." [1]
(Dispositivo sentenza)


Non sappiamo se si tratta di un particolare che l'avv. Marzari "finge di ignorare" (o non ha compreso), poiché è l'esatto contrario di quanto da lui dichiarato, secondo cui questo sarebbe uno dei reati di cui si è "raggiunta la prova della loro sussistenza!"

Si tratta della seconda assoluzione con formula piena.


I maltrattamenti ai danni di minori

L'avv. Marzari cita espressamente questa imputazione: "[i reati] di maltrattamenti sono stati ritenuti consumati". Erano contemplati al "capo F" del rinvio a giudizio, e per questa accusa non la farò tanto lunga, basterà dire: stessa cosa dell'imputazione precedente.

La sentenza che Marzari pare "fingere di ignorare" (o non ha compreso) è di assoluzione "perché il fatto non sussiste." Ancora una volta, nessun reato ritenuto "vero e comprovato!", bensì ancora una assoluzione con formula piena. E siamo alla terza assoluzione con formula piena.

Qui di seguito la pagina 9 del rinvio a giudizio con il "capo F" relativo i maltrattamenti su minori, di cui era imputato il solo Moccia, mentre l'immagine della sentenza con l'assoluzione è quella precedente.

(Rinvio a giudizio)



La truffa aggravata

Più complessa ma ugualmente fuorviante è la parte del comunicato che tratta della truffa. La frase è costruita in modo ambiguo (ma forse è solo una svista). Dopo aver parlato di reati commessi ma prescritti, Marzari afferma: "Lo stesso dicasi per le molte truffe". Questo lascia intendere che anche questo reato sia stato ritenuto consumato ma dichiarato estinto. Nel prosieguo della frase di Marzari però, si legge che "sono state ritenute truffe semplici e quindi perseguibili solo a querela". A questo punto, per la mancata sanzione Marzari sovrappone due motivazioni: prima la prescrizione, poi l'azione penale che non poteva essere esercitata.

Vediamo come sono andate le cose. L'imputazione era di truffa aggravata per aver:
  1. "ingenerato nei partecipanti il timore di un pericolo immaginario quale l'infertilità o la mancata guarigione dalla malattia fisica (tumore, lesioni al ginocchio ecc.)"; 
  2. "aver cagionato un danno di rilevante entità".
La fase dibattimentale del processo ha dimostrato insussistenti entrambe le contestazioni, dato che nessuno ha mai ingenerato il timore di questi pericoli e che nessuno ha ricevuto danni rilevanti (tanto meno il "maestro" P. P., che lamentava un esborso di 200 milioni di Lire, quando invece il processo ha mostrato che da Arkeon e soprattutto da Moccia ha al contrario guadagnato somme consistenti).

Vediamo come si esprime in merito la motivazione della sentenza:
Il processo ha portato ad escludere la sussistenza dell’aggravante dell’aver indotto nei partecipanti il timore di un pericolo immaginario, come cagione giustificativa degli esborsi economici, nonché di quella del danno di rilevante entità (pag. 897)
(Motivazione sentenza, pag. 897)


Si è quindi "raggiunta la prova", come direbbe l'avv. Marzari, della non esistenza sia del danno economico, sia di quelle infauste profezie, le quali erano l'essenza stessa dell'accusa di truffa.


La violenza privata

Passiamo ora alla violenza privata. Come prima cosa è necessario fare una precisazione su una considerazione dell'avv. M. Marzari. Il legale puntualizza che era stata "originariamente contestata come violenza sessuale di gruppo e poi derubricata".

Evocatrice di immagini odiose (il branco che strappa i vestiti a una ragazza dagli occhi sgranati per il terrore), la violenza sessuale di gruppo suscita un'istintiva avversione, ed ecco che leggendo quella frase subito proviamo un moto di disprezzo per Moccia e gli altri imputati. Si tratta però di una precisazione di correttezza quantomeno dubbia, come lo sarebbe rilevare che Enzo Tortora fu processato per reati infamanti quali l'associazione a delinquere di stampo camorrista e il traffico di droga: trascurando di precisare che risultò totalmente estraneo ai fatti, saremmo innanzi a una gretta faziosità.

La malvagità di un individuo, non è commisurata ai capi d'accusa formulati dal PM, ma è sancita dalla sentenza della corte. È vero che nella fase iniziale dell'istruttoria compariva anche l'accusa di violenza sessuale, ma è stato lo stesso PM - non certo indulgente avendo contestato svariati reati giudicanti inesistenti dal collegio giudicante - a derubricarla nel rinvio a giudizio.

Una scelta approvata dai tre giudici del collegio giudicante, che nella motivazione della sentenza così si esprimono:
Al riguardo va precisato che il Pubblico Ministero, in possesso di tutte le emergenze probatorie raccolte a dibattimento, pur avendo inizialmente contestato questo più grave reato [la violenza sessuale - ndr], si è determinato a derubricarlo in quello di violenza privata e le emergenze probatorie raccolte a giudizio portano a ritenere corretta la valutazione effettuata dallo stesso rappresentante della Pubblica Accusa. (pag. 833)
(Motivazione sentenza, pag. 833)


Al pari del collegio giudicante, anche l'avv. Marzari disponeva di "tutte le emergenze probatorie" che hanno indotto il PM a derubricare il reato, una scelta approvata dai tre giudici della corte che hanno valutato infondata l'originaria ipotesi di violenza sessuale. E poiché la correttezza della precisazione di Marco Marzari si commenta da sé, ritorniamo ai fatti concreti, ossia all'accusa di violenza privata.

Si usa dire che una mezza verità sia una menzogna intera. Che dire quindi del comunicato di Marzari - pubblicato dal CeSAP - dove si lascia intendere che il reato fosse contestato a tutti gli imputati, riverberando così sull'intera organizzazione il sospetto che la "violenza sessuale di gruppo" fosse una pratica abituale?

Le cose, manco a dirlo, non stanno così: del reato di violenza privata erano accusati solo due degli 11 imputati, ognuno per un singolo specifico episodio, entrambi molto controversi, che vedremo ora in dettaglio.

Il primo dei due imputati era Q. S., accusato di avere "costretto con violenza psichica persone minorenni e quindi non in grado di esprimere liberamente il loro consenso a partecipare ai seminari". Il secondo imputato era F. M. per l'episodio denunciato dalla Monaco ("sono stata toccata in tutte le parti, hanno tentato di spogliarmi"), vicenda che è stata analizzata in un post precedente, e chi l'ha letto starà già scuotendo sconsolato la testa. (Il reato contestato a Q. S. presenta la stessa fantasiosa inconsistenza.)

Per entrambi la sentenza è stata di "non doversi procedere" perché il "reato è estinto per prescrizione".

Finalmente pare che Marzari abbia detto una cosa corretta: sembra che almeno questi due reati siano "stati ritenuti consumati" (ma prescritti). Ci spiega infatti l'avv. Marzari - il quale evidentemente ci tiene a non smentirsi - che:
ciò che è chiaro, e che gli imputati fingono di ignorare, è che il presupposto per dichiarare l’improcedibilità per prescrizione o per mancanza di querela è l’accertamento della responsabilità, come infatti troveremo spiegato nelle motivazioni della sentenza.
In sostanza, secondo il nostro giurista se la sentenza parla di "prescrizione", significa che la corte ha ritenuto gli imputati colpevoli, "come infatti troveremo spiegato nelle motivazioni della sentenza".

Comprendo che l'astiosa sicumera di Marzari susciti un'istintiva antipatia, ma la questione centrale che ci deve interessare è un'altra: l'avv. Marco Marzari ha ragione o sta facendo ancora una pessima figura?

Va bene, l'avete già capito, ma non è colpa mia. La motivazione della sentenza così improvvidamente invocata dall'avv. Marzari, tratta di queste due imputazioni da pagina 784 a pag. 833. Cinquanta pagine dedicate a una minuziosa ricostruzione dei fatti, dove la corte - devo per forza riassumere con parole mie non potendo postare decine di pagine - dimostra che i reati ascritti non sussistono. (Un esito scontato per chi ha letto il post sulla violenza sessuale asseritamene subita da Gabriella Monaco.)

Ma la cosa più interessante è la puntigliosa analisi con cui i tre giudici hanno spiegano perché, dopo aver dimostrato l'insussistenza dei reati, hanno dovuto emettere una sentenza di prescrizione anziché di assoluzione, smentendo così ciò che per l'avv. Marzari era "chiaro" a tutti. La causa risiede in una normativa che stabilisce che per dichiarare l'assoluzione per un reato prescritto, richiede - scrivono i giudici - addirittura "qualcosa di più di quanto la legge richiede per l'assoluzione ampia" quando il reato non è prescritto (si veda motivazione sentenza pagg. 797, 816 e 833). E poiché il collegio giudicante ha valutato e non constatato che il reato non sussiste, si è visto costretto a dichiarare il non doversi procedere per sopravvenuta prescrizione, là dove avrebbe emesso una sentenza di assoluzione qualora non fosse sopraggiunta la prescrizione.

(Motivazione sentenza, pag. 797)


L'esatto contrario di quanto secondo l'avv. Marzari doveva essere evidente a tutti, che sull'onda dall'entusiasmo riesce a sbagliare anche questa. Di fronte a un simile svarione, l'irruento Vittorio Sgarbi si scatenerebbe in un ossessivo "Capra! Capra! Capra!", ma noi siamo più misurati e ci limiteremo a precisare che non per questo riteniamo che l'avv. Marco Marzari sia in malafede, ossia che "finga di ignorare". Anzi, non abbiamo alcun dubbio che abbia scritto quella castroneria giuridica in perfetta buona fede.


NOTE:

1) Nella motivazione della sentenza, il proscioglimento per questo reato è formulato in modo particolarmente sferzante verso quanti ne hanno contestato l'esistenza: "le circostanze sono idonee ad escludere l'esistenza del fatto e la sua rilevanza penale in modo assolutamente non contestabile, al punto che la valutazione da compiersi in proposito appartiene al concetto di "constatazione" (percezione ictu oculi) e non già a quello di "apprezzamento"." (pag. 599)